La presente per informare la gentile clientela che presto includerò una serie interamente dedicata a D&D 5e. Ritengo che l'edizione sia di per sé un forte richiamo allo stile di gioco intellettualmente genuino degli albori e rappresenta un importante punto d'incontro (nonché uno strumento di confronto) tra la brutalità oscura e l'eroismo narrativo.
Quindi, aggiungiamo all'indice delle rubriche (presentate nel secondo post del Blog) DD5.
Cheers.
lunedì 10 ottobre 2016
venerdì 7 ottobre 2016
Dark Nights of Yerel I: Presentazione del Setting
Come anticipato, Labyrinth Lord / Classic D&D sono il riferimento centrale di questo blog. Non appena ho avuto modo di mettere le grinfie sul manuale di LL non ci è voluto molto affinché l'antico demone malevolo affamato di personaggi si risvegliasse.
Ho così riversato su carta alcune idee parte di un'ambientazione su cui da tempo lavoravo per un romanzo al momento in standby.
"Dark Nights of Yherel" è un'ambientazione sandbox Dark Fantasy concentrata sul continente di Yherel e sull'enigmatico continente sabbioso di Ahel-Nezur. Un mondo con molta mitologia e una visione alternativa della religione legata a sei Elementi. Un mondo un tempo glorioso e possente, poi spezzato da una terribile Piaga, un misterioso morbo di natura divina che ha inginocchiato Yherel. Il mondo di gioco ora è un luogo ostile e popolato da Perduti, colmo di luoghi un tempo rigogliosi e ora infestati da incubi inenarrabili.
Ho così riversato su carta alcune idee parte di un'ambientazione su cui da tempo lavoravo per un romanzo al momento in standby.
"Dark Nights of Yherel" è un'ambientazione sandbox Dark Fantasy concentrata sul continente di Yherel e sull'enigmatico continente sabbioso di Ahel-Nezur. Un mondo con molta mitologia e una visione alternativa della religione legata a sei Elementi. Un mondo un tempo glorioso e possente, poi spezzato da una terribile Piaga, un misterioso morbo di natura divina che ha inginocchiato Yherel. Il mondo di gioco ora è un luogo ostile e popolato da Perduti, colmo di luoghi un tempo rigogliosi e ora infestati da incubi inenarrabili.
Un punto d'incontro tra i cliché del fantasy che reggono il gioco "classico" e un orrore gotico vicino a temi più moderni.
In allegato la prima stesura in PDF dell'ambientazione. Le immagini non mi appartengono e sono del tutto provvisorie. Come indicato nel disclaimer del file, si tratta di una versione di prova e incompleta. L'obiettivo è quello di completarla in qualche mese e renderla disponibile gratuitamente con una prima avventura introduttiva.
E' plausibile che venga poi riadattata ad altri sistemi classici e il mio intento è di lavorare a piccole espansioni che includano opzioni e informazioni extra.
In allegato la prima stesura in PDF dell'ambientazione. Le immagini non mi appartengono e sono del tutto provvisorie. Come indicato nel disclaimer del file, si tratta di una versione di prova e incompleta. L'obiettivo è quello di completarla in qualche mese e renderla disponibile gratuitamente con una prima avventura introduttiva.
E' plausibile che venga poi riadattata ad altri sistemi classici e il mio intento è di lavorare a piccole espansioni che includano opzioni e informazioni extra.
Il pdf include:
- mitologia;
- breve cronologia di Yherel e dell'Impero bruciante degli esotici Nezurim;
- una presentazione dei luoghi più importanti del mondo di gioco, dal glorioso impero dei Keisarth all'Enclave elfico;
- opzioni di gioco, tra cui un modo del tutto singolare di percepire gli Elfi Scuri e la classe del Cacciatore di Streghe, oltre che regole opzionali e la letale meccanica della Perdizione!
- tre mostri unici del mondo di Yherel;
- spunti per avventure: consigli pratici per sfruttare al meglio l'atmosfera del setting.
mercoledì 5 ottobre 2016
Dark Dungeons III: Quattro Eroi e una Torcia - Il Fascino dell'Equipaggiamento
Ci sono rarissimi giochi in cui il personaggio è determinato anche da ciò che indossa o porta con se. Un esempio di gioco moderno che fa di questo aspetto apparentemente secondario è Shadowrun.
In molti giochi di narrazione, l'equipaggiamento è lasciato in secondo piano, se non completamente ignorato: l'approccio ha la sua ratio, ma nel fantasy non ho mai trovato ragione per farlo. In 13th Age probabilmente non sarei molto fiscale, ma nei sistemi classici lo trovo un aspetto assai stimolante, se integrato con la narrazione. Il recente Torchbearer si basa su queste considerazioni.
La verità è che nei giochi di stampo moderno è semplice dirottare l'attenzione sulla miriade di poteri e capacità, sulle decine di incantesimi e talenti, perdendo di vista un aspetto quasi "romantico" del gioco di ruolo fantasy.
La verità è che nei giochi di stampo moderno è semplice dirottare l'attenzione sulla miriade di poteri e capacità, sulle decine di incantesimi e talenti, perdendo di vista un aspetto quasi "romantico" del gioco di ruolo fantasy.
Premessa I: Un grosso peso sulle Spalle
Un punto di partenza assai concreto è il rapporto tra la forza del pg e ciò che porta. Non si tratta di tenere conto di ogni singolo grammo, ma di approcciarsi al gioco con un pizzico di realismo. Consentire al mago con forza 6 di trascinare il cadavere del compagno caduto, un'ascia e una borsa da 500 monete d'oro è del tutto fuori di testa. Un tempo, nei manuali e nelle guide, si trovava scritto "il guerriero è solitamente il personaggio più forte che spesso trasporta anche l'equipaggiamento in eccesso".
Valorizzare in modo corretto l'equipaggiamento significa aggiungere profondità al gioco senza complicarlo.
Premessa II: Grammi o Ingombro?
Ci sono diversi metodi per inserire il materiale trasportato. Il più comune è il peso specifico degli oggetti e il carico massimo trasportabile. Alcuni sistemi (e numerose house rules reperibili in rete) adottano sistemi alternativi, come l'Ingombro (che in sostanza misura la quantità di oggetti trasportabili in base a un peso forfettario) o gli "slot" (che convertono il peso in "spazio fisico").
Equipaggiamento come Tensione Narrativa
Quand'è che, eccezion fatta per armi e armatura, si tiene conto di ciò che si trasporta? Solitamente durante l'esplorazione e le interazioni. In primis, girovagare per delle rovine infestate richiede sempre un pizzico di preparazione. Curiosamente, Labyrinth Lord non spende molte pagine a parlare di oggetti, ma contiene una buona lista differenziata di strumenti utili per l'avventura con relativo peso. L'acquisizione di oggetti è parte della creazione del pg da sempre e lo trovo un aspetto sottovalutato, specie quando si parte dai bassissimi livelli.
Il DM deve essere capace di dare un senso all'equipaggiamento: personalmente, trovo molto affascinante la gestione degli oggetti, al punto che preferisco investire più tempo in questo che nella vera e propria creazione del pg. Senza contare che i soldi acquisiscono un peso ulteriore e la differenza tra l'averne e il non averne non è solo in punti esperienza.
L'idea di ridurre il tempo di creazione effettiva del pg, significa risparmiare tempo per il background e per i dettagli costruttivi: adoro l'idea di guadagnare un pò di tempo da reinvestire nell'acquisto oculato di oggetti. Preso ciò che occorre per liberarsi di mostri e schifezze varie, il gruppo dovrà pensare in anticipo a ciò che può permettersi per avere più chance di tornare a casa.
C'è chi adora acquistare quintali di torce, chi differenzia includendo candeline e oggetti utili a scopo prevalentemente descrittivo e chi invece è accurato e compra torcia, corda, piede di porco e razioni.
Se si chiarisce come l'equipaggiamento sulla scheda sia di fatto ciò che i pg hanno con se, si sta creando una limitazione positiva: si genera un patto tacito coi giocatori per cui non sarà possibile, una volta lontani dalla civiltà, dire "eh, ma ce l'avrò l'acciarino per il fuoco!"
Se non l'hai comprato, non ce lai, period.
Se non l'hai comprato, non ce lai, period.
La tensione che si crea per la gestione dell'equipaggiamento è così un ulteriore tassello che disegna l'intricato mosaico del dark fantasy, dove una scelta apparentemente secondaria può influire sulla prospettiva di vita dell'intero gruppo.
Per risparmiare tempo? Kit dell'Avventuriero!
Introdotto come concetto stabile nelle versioni più recenti, quello dei kit è un tassello importante da considerare. Al DM è richiesto un pò di tempo, ma ne vale la pena.
E' possibile creare "zaini tematici" basati sulle scelte e classi dei pg. Un "kit" da Mago includerà tutto il necessario per lanciare incantesimi e difendersi, oltre che oggetti affini alla vita di un erudito (calamaio con pennino, pergamene vuote, candeline). Allo stesso tempo, un guerriero forzuto avrà i giacigli, una tenda e probabilmente dei pesanti attrezzi come corde e picconi.
Qui di seguito ho creato un kit basato sul prezziario del manuale base di Labyrinth Lord,
Zaino del Mago (ca 23 ori)
Giaciglio 1gp
Candele (10) 1cp
Pergamena (5) 5gp
Calamaio/pennino 9gp
Razioni (5gg) 1gp
Torch (1) 3sp
Fogli (10) 4gp
Dardi (4) 2gp
Feticismo Ludico
Non tutti lo ammettono, ma la gestione accurata dell'equipaggiamento attira molti giocatori. E' parte dell'immaginario fantasy da sempre (pensate a Tolkien e al vantaggio di avere l'arma giusta, le razioni appropriate o un oggetto apparentemente inutile che improvvisamente salva la vita al gruppo).
Quando giocate "old school" ricordate che l'esplorazione di rovine e le avventure nelle terre selvagge sono il cuore del gioco e che la variabile tra vivere e morire, oltre che sul personaggio in se, ricade su ciò che questi ha scelto di portare, sulle intuizioni che ha avuto quando si è riempito le tasche di oggetti.
Incoraggiate i vostri giocatori a investire tempo nell'accurata selezione dell'equipaggiamento, anche nel downtime tra le avventure.
E' un altro passo aggiunto sul cammino di questo blog, per far apprezzare al meglio certi elementi di gioco trascurati ingiustamente, a causa della necessità del modern gaming di accelerare tutto... tranne che il gioco in se.
E' un altro passo aggiunto sul cammino di questo blog, per far apprezzare al meglio certi elementi di gioco trascurati ingiustamente, a causa della necessità del modern gaming di accelerare tutto... tranne che il gioco in se.
lunedì 3 ottobre 2016
Dark Dungeons II: 5 Motivi per giocare Old School (Parte II)
Nel precedente (e primo) articolo della serie DD ho introdotto le ragioni per giocare vecchia scuola e perché queste ragioni siano tutt'ora un buon motivo per gettarsi nelle braccia della morte.
La mortalità è dunque un collante tra credibilità e ritmo di gioco, tra narrativa e sistema. Senza contare che la progressione finisce per essere un doppio premio, poiché non si compensa solo il terrore dei primi livelli con dei fantastici punti ferita aggiuntivi, ma si premiano i giocatori per l'acume e il buon gioco. E' un "traguardo" in sé il livello, che acquisisce un layer ulteriore di profondità se diviene anche un traguardo morale.
In molti si ricorderanno (o conoscono probabilmente) i mirabolanti moduli di Gary Gygax, le avventure con le "trappole che se non le vedi ti uccidono" e gli sguardi mortali della Strega del Mare. Sono meccaniche appropriate? Lo sguardo che uccide, intendo...
Quanto ha senso che un personaggio di 12° muoia perché ha incontrato lo sguardo di una strega? Questo è un argomento futuro che approfondirò con cura, ma in questo contesto rispondo sicuro di me: sì, è una figata. Non perché accada. Non perché il master debba farlo accadere per forza: ma la sola idea che possa accadere da un momento all'altro è sufficiente per insinuare nei giocatori quel senso di insicurezza che carica positivamente, la paura che mette sull'attenti. "Si dice che se guardi una strega negli occhi muori dalla paura" dice poco, se le regole non supportano questa tesi. Quando vedi (ed è ciò che è accaduto al mio tavolo in AD&D 1st ed. qualche giorno fa) 4 persone a cui tenevi morire in quel modo, ci pensi due volte prima di avvicinarti e ti ingegni.
La mortalità, il grande "difetto" dell'old school è il pregio migliore di uno stile di gioco narrativo.
Rigido
Oltre all'inevitabile rigidità del rigor mortis, l'old school riporta questa caratteristica. La rigidità di "razze come classi" o di un avanzamento estremamente specializzato produce spesso orticaria nei giocatori viziati. Ma anche qui, non si tratta di una concezione "vecchia". Si tratta di un approccio "classico" che ha il suo fascino.
I sistemi moderni ci abituano all'ibridazione assoluta, strumento utile e divertente in contesti eroici: il guerriero con un pò di incantesimi, il ladro con un pò di incantesimi, il mago con lo spadone. Tutto fichissimo e funzionale ai sistemi... Ma si perde il fascino dell'idea di una "classe" come "complesso cammino professionale/razziale". Essere un guerriero, nel dark fantasy delle prime edizioni, significava investire grande fatica nell'addestrarsi nell'uso delle armi e di armature scomode. Se vuoi andare in giro con l'armatura di cuoio a rubare danari alle vecchiette, non sei un guerriero, è evidente.
Al tempo stesso, se vuoi brandire asce enormi in full plate in un mare di interiora, non sarai un mago.
La vita di un avventuriero nell'old school è paragonabile alla carriera professionale del post medioevo occidentale. Un guerriero inizia ad addestrarsi a 9 anni e morirà prima dei 20 se va in guerra... Chi campa a lungo arriva a 35 anni. La prospettiva di vita è bassa e la dedizione necessaria per essere valido nel proprio per corso è immensa, specie perché l'idea di "progressione" era tarata su ritmi lenti e pesati, differenziati per classe in base al potenziale di ogni range.
Per esempio, il mago passa lentamente e finirà per essere il più lento, laddove il guerriero potrà (a parità di avventure) raggiungere anche due livelli in più. Questo perché l'apprendimento di uno studioso è lento e l'esperienza appresa si lega più a contesti diversi dal mero combattimento.
La rigidità dell'old school è un punto di forza, perché ravviva il senso di appartenenza a una classe intesa come scelta di vita. Sin dall'AD&D si osservano opzioni come il Multiclassing o il Dual classing, che aprono la strada a quelle che poi saranno le famigerate "build", sebbene fosse comunque totalmente diverso nella concezione.
Il neo che molti potrebbero percepire è che una compagnia di ladri, senza appropriate house rules, vedrà tutti personaggi pressoché identici... Stesso dicasi di una compagnia di guerrieri, che potrebbe presto diventare insensatamente noiosa. Al tempo stesso, la concezione di gioco dell'epoca enfatizzava i ruoli: ne Il Signore degli Anelli si superano le difficoltà poste poiché, a momenti alterni, ogni membro della compagnia impiega le sue "arti" per uscirne al meglio.
Gli avventurieri, nel fantasy post-medievale classico, cercano compagni con capacità diverse: si associano con soggetti moralmente anche lontani da loro purché offrano al gruppo protezione, sostegno e abilità necessarie per sopravvivere alle rovine di turno o all'intrigo di palazzo cui un lentissimo guerriero potrebbe non saper partecipare.
Rigidità come espressione di appartenenza, dunque.
A presto con nuovi articoli, in cui cercherò di mostrarvi le caratteristiche di questi sistemi e le infinite possibilità di personalizzazione, attraverso meccaniche semplici e intuitive.
Nel frattempo, iniziativa!
Ho citato Dark Souls nell'ambito videoludico come riferimento ideale ed è proprio dalla "firma" di questo titolo che ripartiremo: il terzo punto che avevo annunciato, infatti, era la mortalità.
Mortale
Su questo aspetto si potrebbe discutere per un paio di millenni. Purtroppo per i master carini e coccolosi della next gen, la vera discriminante tra coinvolgimento e mera procedura meccanica è la morte. La paura atavica dell'essere umano (sì, ce l'hai anche tu che sostieni di non averne) è la madre di ogni dubbio, il faro oscuro che ci spinge a credere in qualcosa.
Nel GdR di stampo fantasy classico, la mortalità è un aspetto importante, non per la frequenza con cui scompaiono gli eroi (Martin esagera, a mio avviso, nda), ma per la probabilità elevata che ciò accada. Potreste essere un gruppo fortunato e superare i primi livelli e conquistare un regno, ma è proprio l'incertezza che spinge i giocatori a muoversi con cautela.
Le schede non sono di aiuto: gli attributi tendono a non mutare nel tempo, i bonus aumentano lentamente e le abilità secondarie (come gli incantesimi o le abilità da ladro) da sole non risolvono nulla. Non è un gioco di "numeri". L'old-school senz'altro privilegia la fluttuazione e il caso: è altamente probabile che molti scontri nei primi livelli si riducano a una serie di mancati frustrante, ma è parte del gioco. Sta al DM creare situazioni specifiche e introdurre variabili interessanti.
Ciò che conta. è che l'incertezza del risultato è quanto di più semplice e spaventosamente efficacie si possa espandere per far sì che i giocatori non si gettino a capofitto in un incontro perché "tanto ce la facciamo", ma riflettano sulla scena in game e pensino, anche nel contesto di gioco più brutale, sul come uscirne sulle proprie gambe.
La mortalità è dunque un collante tra credibilità e ritmo di gioco, tra narrativa e sistema. Senza contare che la progressione finisce per essere un doppio premio, poiché non si compensa solo il terrore dei primi livelli con dei fantastici punti ferita aggiuntivi, ma si premiano i giocatori per l'acume e il buon gioco. E' un "traguardo" in sé il livello, che acquisisce un layer ulteriore di profondità se diviene anche un traguardo morale.
In molti si ricorderanno (o conoscono probabilmente) i mirabolanti moduli di Gary Gygax, le avventure con le "trappole che se non le vedi ti uccidono" e gli sguardi mortali della Strega del Mare. Sono meccaniche appropriate? Lo sguardo che uccide, intendo...
Quanto ha senso che un personaggio di 12° muoia perché ha incontrato lo sguardo di una strega? Questo è un argomento futuro che approfondirò con cura, ma in questo contesto rispondo sicuro di me: sì, è una figata. Non perché accada. Non perché il master debba farlo accadere per forza: ma la sola idea che possa accadere da un momento all'altro è sufficiente per insinuare nei giocatori quel senso di insicurezza che carica positivamente, la paura che mette sull'attenti. "Si dice che se guardi una strega negli occhi muori dalla paura" dice poco, se le regole non supportano questa tesi. Quando vedi (ed è ciò che è accaduto al mio tavolo in AD&D 1st ed. qualche giorno fa) 4 persone a cui tenevi morire in quel modo, ci pensi due volte prima di avvicinarti e ti ingegni.
La mortalità, il grande "difetto" dell'old school è il pregio migliore di uno stile di gioco narrativo.
Rigido
Oltre all'inevitabile rigidità del rigor mortis, l'old school riporta questa caratteristica. La rigidità di "razze come classi" o di un avanzamento estremamente specializzato produce spesso orticaria nei giocatori viziati. Ma anche qui, non si tratta di una concezione "vecchia". Si tratta di un approccio "classico" che ha il suo fascino.
Al tempo stesso, se vuoi brandire asce enormi in full plate in un mare di interiora, non sarai un mago.
La vita di un avventuriero nell'old school è paragonabile alla carriera professionale del post medioevo occidentale. Un guerriero inizia ad addestrarsi a 9 anni e morirà prima dei 20 se va in guerra... Chi campa a lungo arriva a 35 anni. La prospettiva di vita è bassa e la dedizione necessaria per essere valido nel proprio per corso è immensa, specie perché l'idea di "progressione" era tarata su ritmi lenti e pesati, differenziati per classe in base al potenziale di ogni range.
Per esempio, il mago passa lentamente e finirà per essere il più lento, laddove il guerriero potrà (a parità di avventure) raggiungere anche due livelli in più. Questo perché l'apprendimento di uno studioso è lento e l'esperienza appresa si lega più a contesti diversi dal mero combattimento.
La rigidità dell'old school è un punto di forza, perché ravviva il senso di appartenenza a una classe intesa come scelta di vita. Sin dall'AD&D si osservano opzioni come il Multiclassing o il Dual classing, che aprono la strada a quelle che poi saranno le famigerate "build", sebbene fosse comunque totalmente diverso nella concezione.
Il neo che molti potrebbero percepire è che una compagnia di ladri, senza appropriate house rules, vedrà tutti personaggi pressoché identici... Stesso dicasi di una compagnia di guerrieri, che potrebbe presto diventare insensatamente noiosa. Al tempo stesso, la concezione di gioco dell'epoca enfatizzava i ruoli: ne Il Signore degli Anelli si superano le difficoltà poste poiché, a momenti alterni, ogni membro della compagnia impiega le sue "arti" per uscirne al meglio.
Gli avventurieri, nel fantasy post-medievale classico, cercano compagni con capacità diverse: si associano con soggetti moralmente anche lontani da loro purché offrano al gruppo protezione, sostegno e abilità necessarie per sopravvivere alle rovine di turno o all'intrigo di palazzo cui un lentissimo guerriero potrebbe non saper partecipare.
Rigidità come espressione di appartenenza, dunque.
L'esempio lampante è quello dei Ladri, probabilmente. Tutti si sono sempre chiesti "ma un guerriero non può tentare di muoversi silenziosamente?" Certo, si direbbe. Ni, dico io. Può tentare, ma la sua plate gli impedirà di farlo. E se si spoglia per farlo, glie lo impedirà il decennio investito a migliorare le sue arti di combattimento, sacrificando tutto il resto.
Il ladro nel classic D&D è un soggetto estremamente fragile, le cui capacità reali e concrete sono solo quelle di fare tutto ciò che gli altri non possono fare, usando una serie di abilità specifiche (come Pick Locks o Move Silently). Diciamo che un master dotato di cellule grige consente a tutte le classi una probabilità di riuscita, pari senz'altro (e non oltre) a quella di un ladro di 1° livello: nel corso della carriera, però, tutti finiranno per essere meno capaci di lui.
Anche un Mago può colpire alle spalle qualcuno uscendo da un'alcova, ma non ha la perizia per assassinarlo come può un ladro col suo Backstab!
La specializzazione non è nemica del singolo giocatore, è uno strumento per rendere le compagnie il più equilibrate possibile e far sì che ogni personaggio si distingua dagli altri in modo sostanziale.
Il ladro nel classic D&D è un soggetto estremamente fragile, le cui capacità reali e concrete sono solo quelle di fare tutto ciò che gli altri non possono fare, usando una serie di abilità specifiche (come Pick Locks o Move Silently). Diciamo che un master dotato di cellule grige consente a tutte le classi una probabilità di riuscita, pari senz'altro (e non oltre) a quella di un ladro di 1° livello: nel corso della carriera, però, tutti finiranno per essere meno capaci di lui.
Anche un Mago può colpire alle spalle qualcuno uscendo da un'alcova, ma non ha la perizia per assassinarlo come può un ladro col suo Backstab!
La specializzazione non è nemica del singolo giocatore, è uno strumento per rendere le compagnie il più equilibrate possibile e far sì che ogni personaggio si distingua dagli altri in modo sostanziale.
Personalmente sono un fan della personalizzazione, ma devo dire che ritrovarmi con opzione ristrette può essere un mezzo per calzare la mano su altri aspetti e persino una fonte di ispirazione.
Posso comprendere lo scoramento di qualcuno dei giocatori meno avvezzi nei confronti delle "razze come classi" (nel classic D&D un "Elfo" è un "Elfo", ovvero un essere boschivo capace di combattere e lanciare incantesimi). In quel contesto, ricordate, le razze erano molto separate l'una dall'altra ed erano una minoranza effettiva. Una razza semiumana cresce nel proprio contesto e non ha velleità alcune, poiché le capacità affini a quelle delle classi per gli umani (come la capacità di lanciare incantesimi degli Elfi o la furtività degli Halfling) sono integrate nel loro stile di vita.
Fatto sta che molti sistemi come Basic Fantasy Roleplaying (di cui parleremo a lungo) utilizzano l'approccio dell'Advanced, dove iniziarono a distinguersi Razze e Classi e persino Labyrinth Lord presenta, con l'Advanced Edition Companion, questo approccio (preservando però il feel del B/X).
Fatto sta che molti sistemi come Basic Fantasy Roleplaying (di cui parleremo a lungo) utilizzano l'approccio dell'Advanced, dove iniziarono a distinguersi Razze e Classi e persino Labyrinth Lord presenta, con l'Advanced Edition Companion, questo approccio (preservando però il feel del B/X).
In definitiva, suggerisco di aprire gli occhi e dimenticare in fretta i vizi cui siamo abituati: considerate certe "limitazioni" come una caratteristica del genere e sfruttatela al meglio per offrire un'esperienza dal feel unico in cui ogni percorso individuale è costellato di scelte e rinunce.
Conclusioni
Si conclude qui questo piccolo viaggio nei pregi/difetti dell'old school. Ho cercato di mostrarvi come gli apparenti limiti siano di fatto un tratto distintivo. Non si può accusare il ragu di avere la carne, così non si può accusare Final Fantasy di essere "troppo giapponese": non si tratta di malus, ma di mere caratteristiche.
L'approccio al gioco classico non è un covo per nostalgici: si tratta di un'alternativa reale, un modo di introdurre vecchi e nuovi giocatori a un mindset appropriato, in cui la difficoltà, la mortalità e la rigidità strutturale siano elementi che li spingano a riflettere di fronte a ogni situazione e a giocare di ruolo prima di tirare i dadi.
L'approccio al gioco classico non è un covo per nostalgici: si tratta di un'alternativa reale, un modo di introdurre vecchi e nuovi giocatori a un mindset appropriato, in cui la difficoltà, la mortalità e la rigidità strutturale siano elementi che li spingano a riflettere di fronte a ogni situazione e a giocare di ruolo prima di tirare i dadi.
A presto con nuovi articoli, in cui cercherò di mostrarvi le caratteristiche di questi sistemi e le infinite possibilità di personalizzazione, attraverso meccaniche semplici e intuitive.
Nel frattempo, iniziativa!
M.
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